giovedì 29 gennaio 2009

California Girl

Boulevard, ore 12.00 circa.

Camminare sotto il sole di mezzogiorno mi mette tristezza. Sarà perché non chiudo occhio tutte le notti, sarà perché di solito mi alzo due ore dopo mezzogiono. In ogni caso cammino per le strade triste. Gli occhiali da sole coprono l'ennesima notte passata a bere al bar; quanto vorrei la mia chitarra sparata a tutto volume nelle orecchie ora come ora. L'unico rumore che riesco a sopportare, mentre l'alcol travestito da mal di testa mi accompagna in questa passeggiata.

"Hai da accendere?"

Mi sembra di sentire una voce lontana che me lo chiede. Mi sento toccare una spalla.

"Scusa, dico a te, hai da accendere?"

Non me lo sono immaginato.
Stretta nei suoi minishorts di jeans, le chiappe che sembrano esplodere dai pantaloncini, un top che nulla lascia all'immaginazione. Sui pattini. Mastica una gomma vistosamente, con una sigaretta in mano. Spenta. L'odore di fragola mi penetra nei polmoni.
Prendo il mio accendino dalla tasca, ma lei mi anticipa, mi toglie la sigaretta dalla bocca, e accende la sua. Ha degli occhiali da sole giganteschi e orribili.

"Grazie. Io mi chiamo svbaohfoai."

Non ascolto neanche il suo nome. Eppure sono sicuro che l'abbia pronunciato. Vabbè, poco importa.

"Prego."

Mi giro e faccio per andarmene. In un qualsiasi altro momento della giornata probabilmente le avrei chiesto un appuntamento. Anzi sicuramente. Ma non a mezzogiorno.

"Ehi, rockstar, che ne dici se stasera ci andiamo a prendere una birra insieme? Offro io."

Mi ha chiamato “rockstar”. Questa cosa da una parte mi irrita, da un'altra mi fa venire un'erezione. Naturalmente seguo l'erezione, che punta dritto verso di lei.

"Facciamo alle dieci all'Helldorado. Ti aspetto. Mettiti una giacca più carina."

Non dico neanche una parola mentre mi guardo il giubbotto di jeans strappato. Nella mia testa rimbalza da un lato all'altro la frase “ma questa chi cazzo è?”.


La mattina seguente, ore 11.30 circa.

Eccola là, che dorme nello scadente letto di questo scadente motel. Nuda, a pancia sotto, con le cosce aperte, la bocca aperta, le lenzuola che le coprono un polpaccio. E' oscena.
Mi alzo in mutande, mi arrotolo una sigaretta e me la accendo, mentre guardo fuori. Oggi piove, menomale. Il mal di testa mi spacca il cervello, questa ragazza beve un sacco. A volte mi chiedo come certe donne facciano a cacciarsi in situazioni simili. Spengo la sigaretta su un mobile, mi rivesto, indosso il mio giubbotto di jeans. Lei apre gli occhi lentamente.

"Questi sono i soldi per la stanza. Cerca di non comprarti altra merda." Le dico, mentre appoggio le banconote sul comodino.
Oddio, l'ho trattata come una puttana. O lo ha fatto lei con me?
Non mi saluta neanche, si gira dall'altra parte e si riaddormenta. Rimango per qualche attimo a guardarla, tutto quello che ieri notte mi sembrava sexy ed eccitante mi sembra soltanto un cumulo di carne spenta e puzzolente. Ho voglia di farmi una doccia.
Chiudo la porta dietro di me. Cazzo, siamo venuti con la sua macchina. Ci metterò un'ora per ritornare a casa a piedi. Poco importa.

Mi rimane un dubbio. Come si chiamava?

La chiamerò California Girl.

1 commento:

  1. Gringo...
    Ti saresti dovuto fermare a 'come si chiamava'.
    Molto più Kill Bill.

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